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Etiopia, nel cuore dell'umanità
 

autore:    Andrea De Pascale [24-05-2016]

Come ben noto il cammino dell’umanità è partito da qui, tra 4 e 3 milioni di anni fa, nella grande Rift Valley, dove mossero i primi passi in posizione eretta alcuni ominidi di Australopithecus afarensis. Tra questi si trovava “Lucy” i cui resti fossili, scoperti nel 1974 dal paleoantropologo Donald Johanson e oggi esposti al Museo Nazionale di Addis Abeba, hanno cambiato la storia dell’evoluzione umana.
Anche la nostra specie, Homo sapiens, ha avuto origine nell’odierna Etiopia quasi 200mila anni fa. Da qui, attraverso una lunga emigrazione, siamo andati alla conquista dell’intero pianeta in poche decine di migliaia di anni.
Meno conosciuta, ma altrettanto importante, è la storia etiope legata al primo Cristianesimo.

Tra gli altopiani settentrionali dell’Etiopia, in un paesaggio di suggestiva bellezza, aggrappate a falesie e pinnacoli di pietra, si nascondono antiche chiese scavate nella roccia. Luoghi dove la fede cristiana ortodossa e la liturgia delle origini sopravvivono apparentemente immutate da millenni. Gli ambienti costruiti nel sottosuolo sono spesso totalmente celati alla vita “della superficie”. Non rendere visibili gli accessi dei mondi sotterranei era voluto: una forma di difesa, per sfuggire a qualcuno durante momenti di pericolo, o un sistema di isolamento per realizzare modelli di vita distaccati dal resto del mondo.
Nel poema epico nazionale, il “Kebra Nagast” (La Gloria dei Re), datato al IV-VI secolo d.C. ma a noi noto nella sua formulazione del 1314-1322, le origini del popolo etiope sono fatte risalire alla Regina di Saba (attuale Yemen). Dall’incontro tra la sovrana e Salomone, terzo Re d’Israele, nacque Menelik, primo imperatore etiope che da Gerusalemme avrebbe portato in Etiopia l’Arca dell’Alleanza, contenente le Tavole della Legge consegnate, secondo la Bibbia, da Dio a Mosè.
Archeologicamente i rapporti con la cultura ebraica e con il mondo sud-arabico dei Sabei sono in effetti documentati. Molti sono gli influssi artistici e architettonici sabei rimasti poi nella tradizione del Regno di Axum, l’impero che governò nelle regioni degli altopiani del nord dell’Etiopia tra il I e il X secolo d.C.

L’Etiopia, con il Regno di Axum, fu il secondo stato al mondo, dopo l’Armenia, ad adottare ufficialmente il Cristianesimo: intorno al 316 d.C. due giovani fratelli cristiani di origini siriane, Frumenzio ed Edesio, durante un lungo viaggio verso oriente furono gli unici a sopravvivere ad un naufragio nel Mar Rosso, salvati da un funzionario del re che li portò alla corte axumita.
Frumenzio ottenne incarichi di fiducia da parte del re Ezana (325-356) che, affascinato dai racconti del giovane collaboratore, decise di convertirsi, con tutta la corte reale, al Cristianesimo.
Le antiche testimonianze di questo culto, inizialmente legato alla Chiesa Ortodossa Copta d’Egitto, sono ancora oggi vive nell’accogliente e solare popolazione dei villaggi del nord dell’Etiopia, nelle regioni del Tigrai, Gheralta e Lalibela. Qui, tra imponenti rilievi e un altopiano di suggestiva bellezza, nascoste nelle montagne, si celano oltre centocinquanta chiese scavate nella roccia o costruite all’interno di caverne naturali, a partire da almeno il V secolo d.C., molte delle quali impreziosite da magnifici dipinti.

In Etiopia è ancora possibile immergersi nella vivacità della tradizione culturale e della fede, soprattutto in alcuni momenti particolari dell’anno. Durante le celebrazioni del Natale (Genna) festeggiato dalla Chiesa Ortodossa il 7 gennaio, migliaia di pellegrini, avvolti nelle loro shamme bianche, raggiungono Lalibela, luogo sacro d’eccellenza con le sue undici chiese scavate nella roccia nel XII-XIII secolo.
Le maestose architetture rupestri, con veri e propri labirinti sotterranei che collegano i luoghi di culto, si animano con canti e danze al ritmo di tamburi e sistri, particolari strumenti le cui origini risalgono all’antico Egitto. Centinaia di monaci e sacerdoti guidano i riti e partecipano alle celebrazioni, per due giorni ininterrotti, donando a questo luogo una spiritualità intensa, fatta di gesti, colori, suoni e profumo di incenso.
In questi luoghi, oggi Patrimonio dell’Umanità UNESCO, si può così vivere una delle più emozionanti testimonianze di fede e di una liturgia rimasta apparentemente immutata per secoli.